Dalla moschea di Mestre ai senza tetto di Verona. Continua il tour veneto per Tagadà

E’ sempre un Veneto fragile, sofferente, dagli italiani agli stranieri.

 

Un Veneto che è alla prova con l’integrazione, anche sotto casa, come a Mestre dove da 6 anni convive una moschea all’interno di un complesso di appartamenti. Peccato che quella moschea fosse un negozio prima e in teoria avrebbe dovuto rimanere tale come utilizzo. Invece è diventato a tutti gli effetti un centro di preghiera, gestito da un’associazione, quella bengalese musulmana di Venezia. C’è solo un bagno usato per 100 persone. Ci sono di momenti in cui in uno spazio ristretto si affollano centinaia di fedeli. Fanno anche i turni fuori per evitare l’assembramento. Ma l’effetto è confusione per la strada, urla anche dei bambini che portano al seguito. Se poi metti che in questa moschea ci andava pure uno dei terroristi arrestati per l’attentato sventato a Rialto il mix esplosivo è fatto. Ecco che dopo tanti esposti da parte dei cittadini residenti e delle associazioni il comune di Venezia intima la chiusura della moschea. I cittadini ringraziano, i bengalesi meno. E attaccano ipotizzando uno sciopero generale dei bengalesi di Venezia con il blocco della circolazione. In realtà è più una provocazione che altro per smuovere le istituzioni per farsi aiutare a trovare una sede alternativa. Loro ne hanno bisogno, vogliono un centro di preghiera dove ritrovarsi, è un loro diritto. Anche perchè la sede di via Fogazzaro l’hanno pagata con i loro soldi, 300 mila euro, nessuno gliela ha regalata. E per quella che troveranno sarà lo stesso, non chiedono soldi al Comune. Anche perchè il Comune ribadisce che non costruirà alcuna moschea nuova, al massimo li aiuterà nell’individuare una nuova sede, consona e che non crei problemi di integrazione. E così è stato, anche se non è ancora stata scelta una sede specifica. http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2017/04/13/news/moschea-tre-soluzioni-per-i-bengalesi-1.15186471

Da Mestre vado a Verona a San Zeno in Monte appena sopra la città vicino all’Opera Don Calabria. Posto davvero bello, dove non ero mai stata, che offre una visuale di Verona davvero unica. Qui vivono due disoccupati italiani, in tenda dopo aver perso lavoro e famiglia. Hanno oltre i 50 anni e faticano a trovare un lavoro. Sono arrabbiati con il mondo in particolare con i profughi che in questo momento rubano loro il posto si fa per dire. In mensa, nel sociale loro si sentono discriminati da chi forse rappresenta anche un business per il sociale stesso. E a farne le spese sono gli italiani invisibili come si definiscono. Voglio addirittura creare un’associazione degli invisibili d’Italia e marciare verso Roma per far valere i loro diritti. Siamo in 8 milioni di invisibili in Italia ci spiega Vittorio, anche solo il nostro voto sarebbe utile ai politici. Peccato che non possiamo più votare visto che abbiamo perso la residenza. La stessa cosa l’ha detta anche a Salvini arrivato a Verona in visita elettorale. Ma la soluzione non gliela ha data neanche il leader della Lega. Il Comune intanto fa sapere di averli contattati e di aver offerto loro un posto che però hanno rifiutato. Vittorio e Oscar, anche per una questione di principio, non vogliono essere mischiati nè trattati come numeri. Hanno anche rifiutato di fare i guardiani all’interno di un alloggio per profughi perchè loro non vogliono essere presi di mira dalla popolazione che non vuole i migranti. Vogliono però contare, vogliono lavorare, vogliono tornare ad avere una vita. Insomma un Veneto che continua ad incartarsi nella questione stranieri, integrazione, povertà. E la politica, le elezioni alle porte non possono non tenerne conto.      ]]>

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